martedì 27 gennaio 2015

R. Riccardi - Sono stata un numero, Alberto Sed racconta

Quando ho conosciuto Alberto era una fredda giornata di gennaio. Come oggi, il sole splendeva forte e le pietre erano fuoco ardente  che riflettevano luce. Avevo letto la sua storia e come i bambini avevo idealizzato un eroe di cui già conoscevo le linee portatrici e i contorni, ma quando fa il suo ingresso nell'aula magna, posso dire che i miei occhi e il mio cuore lo videro davvero per la prima volta. Era un uomo. Capelli bianchi, passo lento, voce bassa. E occhi pieni di vita. Avevano visto troppo quegli occhi, tanto da farlo essere un uomo che aveva preso a schiaffi il mondo e ne aveva preso il dominio. Un uomo. Ecco cos'è Alberto Sed ai miei occhi.  E proprio mentre pensavo a tutto quello che l'uomo era stato in grado di fare. Di fare ad un altro uomo. Proprio mentre pensavo all'orrore e alla vittoria su di esso, mentre mangio insieme ad un sopravvissuto sopra la vita, lui si gira, mi fissa con occhi semplici, e mi dice: "ho una certa età io però, signorina. Vorrei fare un riposino prima di uscire di nuovo". Ed io sono esterrefatta dalla persona che vedo.  Sorrido e annuisco semplicemente. 
Penso alla grandezza nascosta nella normalità... 



“Soffri donna. Il dolore che ti morde la carne è buono. Viene dalle viscere della terra, dal cuore profondo dell’umanità che ti ha generata. Urla , piangi pure se vuoi. Per ogni lacrima versata avrai mille sorrisi, dalle labbra di tuo figlio sospinti dal vento ti raggiungeranno l’anima. E la sofferenza svanirà anche dai tuoi ricordi”.

E’ la vita: per tutti lo stesso inizio, per tutti la stessa ragione. Un solo e unico scopo:quello di vivere. Non importa il colore della pelle, il credo religioso, il colore dei capelli. Siamo tutti figli di una donna, di una madre, della stessa terra. Tutti figli della vita. E’ così che iniziò l’esistenza anche per Alberto Sed. Uno dei tanti ragazzi che correvano per le strade di Roma con il pallone sempre vicino. Un ragazzo come tanti fino all’anno 1938. L’anno delle leggi razziali. L’anno delle differenze. Delle malignità. Dell’inizio dell’Orrore. In poco tempo si ritrovò senza nessuno per giocare a calcio…eppure gli amici erano gli stessi, i divertimenti gli stessi, la stessa famiglia! Un particolare ora veniva aggiunto alla descrizione del giovane Alberto: era EBREO.
Era diventato diverso, sporco, inutile, non della stessa razza, peccatore. Ma di quale peccato poteva essersi macchiato un bambino?! Può l’innocenza macchiarsi con il male stesso?! In nome di quale razza si permise che mamme, bambini, anziani fossero chiusi, torturati, portati al confine tra morte e vita. Di cosa è capace l’uomo?! Cosa è concesso al genere umano?! Fino a che punto l’uomo riesce a riesce a raggiungere l’inumanità,la catastrofe artificiale?!
Domande che dovrebbero fungere da fondamento per la sicurezza della nostra civiltà e che spesso guardiamo con aria incredula, distante. Come se non ci riguardassero. Eppure sono passati ottant'anni dall’inizio dell’incubo mondiale e noi già ci sentiamo estranei?! Estranei noi,estranei le persone che udirono attraverso la testimonianza per la prima volta tutto questo, estranei i testimoni complici di questo olocausto. Ma dentro di noi, nella nostra anima queste ci sono e sono accompagnate da rabbia,disgusto e paradosso.



Ma questi nostri occhi giovani sempre capaci di elevarsi al cielo..Queste orecchie sempre capaci di ascoltare la pioggia cadere delicata sulla terra.. Queste nostre labbra che possono con facilità ogni volta che vogliono baciare il vento,percepire l’essenza della vita e della libertà.. Vivere e poter sognare.. Sognare e poter vivere.. Essere liberi.. Non potremo mai capire l’orrore Assoluto che è stato in grado di concepire l’Essere umano. Le nostre menti non riusciranno mai a realizzare le stesse immagini..provare le stesse emozioni.. Possiamo però com-patire queste sofferenze.. Possiamo raccontare quanto ci è stato narrato della vera essenza del Male.. e ricordare che ci sono state persone che come la Fenice hanno saputo rinascere dalle proprie ceneri.. sono stati in grado di rivedere la luce nell’oscurità più profonda.. Sono riusciti a risorgere alla speranza: nella gente..nel futuro..nella vita.. e sono riusciti a riscattarsi.. ad urlare al mondo che nonostante la negazione di ogni sentimento e di ogni diritto avevano vinto.. e che anche loro si erano aggiudicati il proprio scacco matto alla conclusione della partita.. Che anche il peggiore degli inferni è destinato alla propria distruzione..






“Quel 27 gennaio, che oggi viene celebrato come il giorno della memoria,dai cancelli di Auschwitz non uscirono solo poveri prigionieri,ridotti in fin di vita. Uscì la libertà rinchiusa,la giustizia calpestata. Forse a uscirne fu l’intera umanità”.
Ricordi. Una sola parola che può contenere nel suo significato l’unica eternità del mondo terreno. Ricordi perenni  che possono riaffiorare e portare con sé una lacrima in qualsiasi momento.. “La memoria è uno strano luogo in cui gli eventi possono accadere all’infinito. Li rivediamo ogni giorno con immutato dolore”.
Quegli stessi ricordi che nella quotidianità possono aiutarci a capire la gioia.. la meraviglia.. la bellezza vera!!
Questa è la storia del signore Alberto Sed. Un uomo come tanti che è riuscito ad oltrepassare l’inferno.. vincere nel limbo.. e riconquistare la propria vita.. Una storia disumana che ci ha regalato anche un lieto fine e un messaggio di speranza.. Ci ha regalato una testimonianza.. una memoria..
“Tutti quelli che se ne vanno ti lasciano sempre addosso un po’ di sé. E’ questo il segreto della memoria”…


Ad Alberto.
Sempre con grandissimo affetto.

martedì 20 gennaio 2015

Complimenti Per La Festa (Il Film Sui Marlene Kuntz)


Il Terzo Lato Del Vinile - Il Sito



Ultimo mese per contribuire alla campagna di crowdfunding

avviata dalla casa di produzione Jump Cut per ultimare la pellicola


Rush finale per la lavorazione del film documentario sui Marlene Kuntz e i vent’anni del loro disco di debutto Catartica. La casa di produzione cinematografica Jump Cut di Trento ha seguito passo dopo passo il tour celebrativo Catartica 994/014 - conclusosi a dicembre dopo 32 date in tutta Italia costellate di sold out - ‘spiando’ la band in sala prove, nei momenti di backstage, negli istanti prima di salire sul palco, durante gli incontri con i fan, nelle lunghe ore in furgone e naturalmente durante le performance live. Nelle prossime settimane la troupe completerà il lavoro con una serie di interviste esclusive alla band e, al contempo, pubblicherà online brevi spezzoni video per regalare qualche chicca in anteprima. ‘Complimenti per la festa’ sarà dunque un tuffo all’interno dell’universo Marlene Kuntz, ma anche un viaggio all’indietro nel tempo: attraverso materiali d'archivio inediti e rielaborati per l’occasione, il film ricostruirà infatti quei primi anni '90 in cui Cristiano Godano e compagni cambiarono la storia del rock italiano.

Una volta terminate le riprese, il regista Sebastiano Luca Insinga inizierà il delicato lavoro di selezione e montaggio delle centinaia di ore di ‘girato’, con l’obiettivo di terminare la pellicola entro l’inizio dell’estate. Molto, però, dipenderà anche dall’apporto dei fans: la Jump Cut ha deciso infatti di sostenere ‘Complimenti per la festa’ attraverso una campagna di crowdfunding su Musicraiser.com e visibile a questo indirizzo: http://bit.ly/complimentiperlafesta.

Iniziata lo scorso dicembre, la raccolta fondi si chiuderà il prossimo 16 febbraio. Fino ad ora l’iniziativa ha visto partecipare numerosi affezionati dei Marlene Kuntz, che in cambio del loro supporto riceveranno il film in anteprima, direttamente a casa. Oltre alla pellicola, a seconda del pacchetto scelto e della cifra investita (si va dai 10 ai 1000 euro), i sostenitori avranno inoltre diritto a materiali e gadget esclusivi: dalle corde di basso e chitarre alle pelli della batteria, da libri fotografici a scatti inediti, dal ringraziamento nei titoli di coda alla comparsa in quelli di testa, fino al fondale di 5x3 metri usato dai Marlene durante i concerti del tour appena concluso.


CAST TECNICO DEL FILM

Regia: Sebastiano Luca Insinga
Fotografia: Sebastiano Luca Insinga e Simone Cargnoni
Suono in presa diretta: Elisa Piria, Francesco Pea
Montaggio: Andrea Andreotti
Produttore: Luigi Pepe

Sito del film: www.complimentiperlafesta.it
Link del teaser: https://vimeo.com/108212832
Link crowdfunding: http://bit.ly/complimentiperlafesta

giovedì 15 gennaio 2015

Nuovo anno: nessuna linea all'orizzonte.



In partenza, con un biglietto in mano che non porta destinazione, nè chiama il ritorno. Con un bagaglio che può essere fatto allo stesso tempo da mille valigie e nulla di più che noi stessi. Con uno scopo che in realtà sono tanti, perchè la ricerca della felicità è una cosa soggettiva. C'è chi si dedicherà al lavoro, chi all'amore, chi agli altri, chi a se stesso. Chi a tutte queste, chi a tutt'altro. E chi farà tutto, insieme. Perchè la vita in fondo è questa, non possiamo dire di conoscerne il vero scopo e nell'attesa che la lampadina s'accenda, noi viviamo, lasciando una traccia di noi in questo mondo, provandoci sempre un pò di più.
Siamo in partenza per un viaggio che non porta solo quei quattro numeri affiancati, 2015, ma per qualcosa di più grande. In viaggio per una destinazione che porta il nome di "vita", che finisce, comincia o ricomincia qua, ora, in questo momento. Alla ricerca di quel qualcosa che ci fa star bene, che ci fa sudare, sporcare le mani, battere e tremare il cuore, avere paura, fame, e che darà prima o poi i suoi frutti, fosse anche nell'errore che fa capire e crescere.
Siamo in partenza per un viaggio con un compagno solo, fedele, unico, saccente, navigatore di ogni passo e scelta: il nostro cuore. Che ci guida nella direzione da prendere, giusta o sbagliata che sia, che decide dove farci andare, ci dice perchè, ci suggerisce come. Ed io del mio cuore, di ascoltarlo e assecondarlo, ancora non mi stanco.
Che ci sia tempo. Amore. Amicizia. Solitudine. Sorrisi. Lacrime.
Che ci siano viaggi. Scoperte. Conferme. Cambiamenti. Novità.
Che ci sia cuore, e che ce ne sia tanto: vivo, rumoroso, chiassoso, calmo, placido, sereno.
Pulsante, sempre.


THE SONGS IN YOUR HEAD ARE NOW ON MY MIND
YOU PUT ME ON PAUSE
I’M TRYING TO REWIND AND REPLAY


U2 – NO LINE ON THE HORIZON (2009)



Il Terzo Lato Del Vinile - Il Sito

mercoledì 7 gennaio 2015

A Dio Piace La Buona Musica





Dio deve essersi appassionato alla buona musica, negli ultimi tempi. Lucio Dalla ed Enzo Jannacci, Franco Califano, Pino Mango. E, ultimo di questo malinconico elenco, Pino Daniele.
Come ormai tutti sanno, l’artista napoletano si è spento a 59 anni a causa di un infarto, nella notte fra il 4 e il 5 gennaio. Aveva avuto un malore subito dopo cena nella sua casa nella campagna toscana.
È stata inutile la corsa in macchina verso l’ospedale Sant’Eugenio di Roma, dove è arrivato già morto.

Pino Daniele frequentava ancora i banchi di scuola quando compose piccoli capolavori come Terra Mia e Napule è. Poesie in musica destinate all’immortalità, al pari di tante altre canzoni della tradizione partenopea. Si affacciò sulla ribalta napoletana verso la metà degli anni Settanta, come bassista dei Napoli Centrale. Il suo talento venne scoperto da James Senes, il sassofonista del gruppo, che continuerà a collaborare con Daniele in quei primi album da solista che arrivarono come un ciclone sulla scena musicale italiana.
Quel bizzarro insieme di musica nera e rock, di dialetto napoletano e lingua inglese, la sua voce lieve, quel modo virtuoso e istintivo di giocare con le corde della chitarra, conquistarono fin dagli esordi schiere di fedelissimi ammiratori, che oggi lo piangono.
Il suo cuore era malandato da tempo, e Pino lo sapeva bene. Affermava di vivere la vita giorno per giorno, e non voleva passarne nemmeno uno senza suonare. Lo cantava fin dal principio “la musica è tutto ciò che ho”, in Nero A Metà, l’album con cui il 19 settembre del 1981, portò duecentomila persone a piazza del Plebiscito.

Quella stessa piazza che questa sera lo abbraccerà per l’ultima volta.

Di Gianluca Perosillo (primo articolo su Il Terzo Lato Del Vinile)





lunedì 5 gennaio 2015

Il Patto Con Il Diavolo





In genere quando si pensa al mistero dietro alla musica, a patti con il diavolo si pensa all'heavy metal, a gruppi relativamente recenti, invece il primo a sfruttare questa leggenda fu Robert Johnson, un uomo nero nato nel profondo sud degli Stati Uniti, più precisamente in Mississippi, circa 100 anni fa. Insomma un uomo che non solo per sua scelta ha sempre vissuto una vita al limite. Ho ascoltato per la prima volta una sua canzone non sapendo nemmeno che fosse sua, stavo guardando Blues Brothers il film ed è qui che ad un certo punto arriva, probabilmente la sua canzone più famosa, in questo caso ad interpretarla erano i fratelli del blues, Jake ed Elwood, John Belushi e Dan Aykroyd. La canzone è Sweet Home Chicago. Però in quel momento, magari perché non ero ancora un fanatico di musica, per me rimaneva una bella canzone in un film, niente di più. Solo un paio di anni fa di nuovo per caso, ho riascoltato una sua canzone, questa volta invece era Travelling Riverside Blues, reinterpretata dai Led Zeppelin, e forse proprio perché a suonarla era stato il gruppo di Jimmy Page e Robert Plant mi sono andato ad informare e ad ascoltare qualche sua canzone, e quello che ho scoperto in quel momento per me è stato sconvolgente, in pratica tutti i gruppi che ascoltavo e ascolto tutt'ora sono stati influenzati, e parecchio da questo bluesman, dai Rolling Stones ai Cream, dai Red Hot Chili Peppers agli stessi Led Zeppelin, oltre che tutti i più grandi chitarristi della storia Jimi Hendrix, Duane Allman, e gli stessi Eric Clapton e Jimmy Page. Oltre alla stupenda musica che compose e alla sua grande abilità alla chitarra la cosa che mi ha incuriosito di più è stata la sua storia, la sua vita e la sua morte. La leggenda di Robert Johnson nasce infatti un anno dopo la morte della moglie, si racconta che vagò per circa un anno in tutto il Mississippi, e durante questo periodo imparò a suonare la chitarra magistralmente, e nessuno capì in che modo, la sua personale spiegazione fu quella di aver fatto un patto con il diavolo, per cui ha venduto la sua anima in cambio dell'abilità nel suonare la chitarra. Oltre che da questo fatto la leggenda fu alimentata anche dai suoi testi per lo più improvvisati che contengono riferimenti alla magia nera, alla morte e all'occulto in generale. Ci sono inoltre altre curiosità sull'uomo e sull'artista, infatti Johnson pur essendo da tutti considerato uno dei più grandi esponenti del Delta Blues ha inciso pochissime canzoni, precisamente 29, tutte entrate nella storia della musica e riprese da molti artisti, personalmente io sono più legato a Love in Vain, una canzone che incise nel 1937 e che parla di un amore non ricambiato che lo fa sentire solo nel profondo, il pezzo anche se fortemente malinconico secondo me può può rappresentare chiunque è un pezzo senza tempo che accomuna ogni persona sulla faccia della terra, in più la melodia ti coinvolge nelle sue emozioni fino a sentirti come lui. Il secondo pezzo a cui sono più legato è sicuramente Hellhound on my trail, registrato sempre nel 1937, in questa canzone l'autore tratta come da suo solito di argomenti spettrali, essendo inseguito da segugi infernali il protagonista è costretto sempre a correre e a vivere nella miglior maniera possibile il poco tempo che ha a disposizione, questa secondo me è una metafora della vita di tutti ed esprime al meglio tutta l'esistenza di questo bluesman, che accompagna la sua voce con un riff di chitarra incalzante, segno dei segugi che lo stanno raggiungendo, cosa che avverrà molto presto. Infatti anche la sua morte avviene molto presto, a 27 anni, si proprio la stessa età a cui sono morti altre leggende della musica, è proprio lui il primo a far parte del famoso Club 27 composto tra gli altri da Jimi Hendrix, Jim Morrison dei Doors, Janis Joplin, Brian Jones dei Rolling Stones e Kurt Cobain dei Nirvana. Come del resto tutta la sua vita, anche la sua morte è avvolta da un alone di mistero, fu assassinato ad agosto del 1938 dal proprietario di un locale in cui suonava, probabilmente fu avvelenato per aver avuto una relazione con la moglie dello stesso, morì dopo 2 giorni di agonia a Greenwood in Mississippi senza aver ricevuto cure mediche, tutt'ora non si sa precisamente nemmeno dove fu sepolto, poichè nei dintorni di Greenwood ci sono più cimiteri con una lapide che porta il suo nome. Robert Johnson morì come ha vissuto, senza rimpianti. Ed ora magari la sua anima presa dal diavolo porta le sue canzoni in giro per i cimiteri del Mississippi suonando quel blues "maledetto" a chi non può più ascoltarlo, esattamente come erano soliti fare lo stesso Johnson e il suo maestro di chitarra, stavolta quello vero Ike Zinneman, non il diavolo.



Oltre a questo articolo oggi voglio lasciarvi qualche canzone di Johnson reinterpretata da famose rock band, canzoni che magari conoscete, ma che come me qualche tempo fa ignorate chi le abbia composte

Led Zeppelin - Travelling Riverside Blues - Coda
Rolling Stones - Love in Vain - Let it Bleed 
Rolling Stones - Stop Breaking Down - Exile on Main St.
Red Hot Chili Peppers - They're Red Hot - Blood Sugar Sex Magic
Cream - Crossroads (originale Crossroads Blues) - Wheels of Fire
Cream - Four Until Late - Fresh Cream

E per finire anche un album di cover fatto da Eric Clapton (se non si fosse già capito Slowhand è pazzo di Johnson) intitolato Me and Mr. Johnson.






sabato 3 gennaio 2015

Paolo Giordano - La Solitudine Dei Numeri Primi

Scena  da film. Un pullman. Una valigia. Evasione. Una ragazza. Mille idee che navigano per la testa e una sola via da percorrere. E' l'ultimo giorno dell'anno e questa è un'altra mia storia.
Sono sull'autobus per andare a festeggiare da una ragazza che è tutto al di fuori di un'amica, una sorella, gemella, di cuore. Sono sul mio sedile e ad accompagnarmi i pensieri di un anno intero. Mi sono sempre chiesta perché la gente si sentisse inconsciamente entusiasta per un giorno, una mezzanotte così. Ma queste sono le conseguenze dell'essere un INIZIO. Le aspettative, e soprattutto le speranze. Capodanno è il giorno delle seconde opportunità, come mi suggeriva qualche sera fa uno smielato e classico film americano con mille attori famosi riuniti in una pellicola per il boom cinematografico (quantità vs qualità)..Eppure aveva ragione: è il giorno delle seconde opportunità che la vita ci ripropone per farsi amare un po' di più. Quelle che ci fanno credere ai Domani migliori e alla possibilità di poterci sempre mettere in gioco.
Cavolo, ho così tanti pensieri, e non so dirli con parole sonore. Inizio a rovistare come una pazza isterica nella borsa...come se avessi paura di vederli evaporare dalla mia testa. Ecco la mia agenda, ma la delusione mi coglie impreparata. Non ho una penna.  Vorrei poter dire che questo abbia placato il mio flusso di pensieri. La realtà è che da  eterna positiva, quale sono, ho deciso di riflettere ancor di più, fino a salvare quelle lettere nella mente e nel cuore, in un punto centrale e cardine da cui non sarebbero più potute fuggire.
Mi guardo intorno. Sono circondata da persone. Vorrei sentirmi parte di quel popolo di gente che vuole festeggiare come si deve e prende una borsa, vi mette dentro abiti e sogni, e parte. Ma loro sono tranquilli. Non hanno oceani di pensieri che gli pervadono l'anima. Mi viene in mente quel concetto di NORMALITA', che avrei voluto sentire mio ogni tanto.

Da quando ero piccola avevo preso l'abitudine inconscia di pensare sempre più degli altri, e per giunta "a modo mio". Mio nonno mi ascoltava tra la gente, mi fissava ed esordiva con ironia: "Lei ha un modo tutto suo di pensare, di vedere il mondo". Solo dopo ho capito che quello fosse per lui un motivo di stima, una caratteristica che ci rendeva simili. La voce fuori dal coro. La libellula che vuole volare da sola..
Crescendo non sono cambiata di una virgola. Non credo che il 2015  riuscirà a fare diversamente.
E allora mi viene in mente un altro excursus ancora..
Una persona mi viene a trovare. Una persona speciale, di quelle che ritrovi per "caso", buttata lì dal destino. Una di quelle con cui riesci a sentirti meno solo. Vogliamo fuggire tutti e due in questo momento, e sappiamo trovarci nello stesso posto. Siamo di fronte alla Basilica di San Paolo a Roma. E come nostro solito ci guardiamo e iniziamo a sputarci tutto addosso. E' una tale libertà. Senti il cuore più leggero e vedi la bellezza della "stranezza" che ci circonda.  Italo Svevo ne La Coscienza di Zeno si analizza, si interroga e dubita sempre di sé. Finché non arriva a capirsi, ed allora cambia tutto...è l'unico Sano in una società malata, in una società di pazzi uguali e normali.  Mi è sempre piaciuto quel libro, da egocentrica q.b. l'ho sempre sentito un po' mio.
E questa è la sensazione che provo. Con orgoglio e purezza, strana. Ma c'è sempre un prezzo da pagare. La solitudine di chi conduce una vita diversa. Ma io ho Ni, e così per questo attimo mi sento meno sola nell'urlare al mondo. Di fronte a quella maestosità mi guarda, e mi dice, nel suo modo sempre troppo buffo, "Io e te siamo due numeri primi. Non c'è niente da fare. Questo mondo non ci comprende. Questa è LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI".



2.760.889.966.649. Mattia.
2.760.889.966.651. Alice.
Due numeri primi gemelli.
Mattia e Alice. Infanzie caratterizzate da traumi personali e solitudine. Adolescenza: autolesionista lui; anoressica lei. Un'intelligenza inarrestabile lui, una sensibilità fuori dagli schemi umani lei. Nella solitudine che li caratterizza, riescono a trovarsi. Vanno ad una festa e tra loro nasce un'amicizia speciale. Un riparo dal mondo esterno, dove ogni volta tornano a rifugiarsi.
"Parlavano poco, ma trascorrevano il tempo insieme, ognuno concentrato sulla propria voragine, con l'altro che lo teneva stretto e in salvo senza bisogno di tante parole".
Ma la vita spesso ha un piano più beffardo di quello che le speranze delineano, e le strade dei due dopo un bacio si dividono.


 "Due numeri primi, separati da un solo numero pari, vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero."
Si ritrovarono solo qualche anno più tardi. Matematico lui. Fotografa amata ma sterile lei. Nel turbine di emozioni da recuperare. Fautori di due vite diverse e di un'anima sola allo stesso tempo. Fino all'inevitabile Solitudine.
Lontani ma vicini. Uniti da un filo invisibile, inspiegabile, inamovibile. Si mettono a nudo, si comprendono. Si amano. Si specchiano. Ma la solitudine li pervade al punto tale di separarli.
Lontani ma sempre più vicini, al cuore. Destinati ad essere soli, senza mai esserlo davvero. Diversamente soli. Diversamente grandi. Diversamente numeri... e finalmente una consapevolezza.
"Mattia era lontano. Fabio era lontano. La corrente del fiume produceva un fruscio debole e sonnolento. Si ricordò di quando era distesa nel canalone, sepolta nella neve. Pensò a quel silenzio perfetto. Anche adesso, come allora, nessuno sapeva dove lei si trovasse. Anche questa volta non sarebbe arrivato nessuno. Ma lei non stava più aspettando. Sorrise verso il cielo terso. Con un po' di fatica, sapeva alzarsi da sola."



Paolo Giordano scrive questo suo primo romanzo nel 2008. Vincitore del Premio strega  e del Premio Campiello, riscuote da subito un gran successo. Nello stesso anno si accapparra il sesto Premio letterario Merck Serono.  Nel settembre 2010 nasce l'omonima pellicola, diretta da Saverio Costanzo.
Scrittura scorrevole e lineare. Un viaggio tra lettere e numeri.  Romanzo di formazione, che vede un lettore accompagnare la vita dei due protagonisti fino a sentirla propria, in una piccola o grande parte. Questo forse ha portato il libro ad un tale successo. Il fatto che tutti a nostro modo ci sentiamo diversi e soli tra le persone. In un certo senso tutti lo siamo. Matematicamente abbiamo tutti un dato comune e non trascurabile, ci dividiamo tutti per noi stessi..
Vorrei saper spiegare come, ma temo che non ci siano parole più adatte di quelle che lo scrittore sopra citato abbia usato. Un vero e proprio viaggio di formazione della coscienza e rivalutazione della solitudine.
 Per i numeri che si dividono per milioni di altri e si moltiplicano per ancora di più.
Per i numeri primi, soli unici... ma infiniti!