mercoledì 30 luglio 2014

New Gold Dream 2014 - Simple Minds Live in Roma





La passione per i Simple Minds nella mia casa è una tradizione di padre in figlio. Già perché mio padre prima di chiudersi con Claudio Baglioni, prima della mia nascita, di musica internazionale e rock ne sentiva parecchia, e i Simple Minds per lui sono sempre stati i migliori, più degli U2, dei Police e di Sting, più dei Dire Straits o degli Smiths.

Anni fa stavo spulciando una vecchia collezione di dischi e mi imbattei in Street Fighting Years, forse il disco più mitico del gruppo di Glasgow (solo per citare alcune canzoni: Mandela Day, Biko, This Is Your Land, Let It All Come Down), e da quel momento iniziò un grande rapporto di amicizia immaginaria con Jim Kerr.

Venticinque anni dopo, io e mio padre siamo alla cavea dell’Auditorium per ascoltare entrambi per la prima volta i Simple Minds.
L’atmosfera è molto nordica. A Roma la pioggia scende per tutto il pomeriggio. Vincenzo Nibali vince il Tour de France con grande umiltà e ricorda nei cuori di tutti la memoria dell’ultimo italiano campione di Francia, Marco Pantani.
Tutto fa presagire ad una data che rimarrà nella storia e dato che anche il tempo meteorologico è galantuomo al crepuscolo le nuvole se ne vanno.
La cavea è piena quando il gruppo entra e canta le prime canzoni.
Dopo una prima parte molto solenne Jim Kerr ritorna completamente vestito di nero e dice: Adesso ci alziamo tutti in piedi, prima era un concerto per mia nonna!
Parecchi di voi sapranno che sia Kerr che Burchill hanno vissuto parecchi anni in Italia, uno in Sicilia l’altro a Roma, questo spiega l’ottima conoscenza della lingua italiana.
La seconda parte del concerto comprende i pezzi più significativi del gruppo come Don’t You (Forget About Me), Alive And Kicking e Sanctify Yourself. Tutti sono in piedi, tutti ballano come in una discoteca.
Tutti si lasciano andare e io mi giro verso la gente e vedo il divertimento e la nostalgia di un’epoca mai dimenticata e non così lontana infondo.
I momenti più solenni sono stati Dolphins, straordinaria canzone dall’album Black & White 050505, e proprio una di Street Fighting Years, forse una delle migliori in assoluto dell’intera discografia del gruppo, Let It All Come Down.


Chiude tutto  Sanctify Yourself del 1985, che oggi assume ancora maggior valore di fronte a tanti
sognatori in giovinezza.

Non si può fermare il mondo per un ragazzo o una ragazza
Dolci vittime di circostanze povere
Ma si può riversare amore, spazzando dall’alto
Dare speranza e creare più possibilità
Bene, spero e prego che forse un giorno
Tu tornerai qui e mi mostrerai la strada
Controlla te stesso, l’amore è tutto ciò che ti serve
Controlla te stesso, apri il tuo cuore
Apri il tuo cuore
Santifica te stesso, Santifica te stesso
Santifica te stesso, renditi libero

Guardando i cuori negli occhi lucidi dei più anziani fan dei Simple Minds capisci che certi gruppi non sono solo gruppi, che certe canzoni non sono solo canzoni, che certe emozioni, certe sensazioni, ti commuoveranno sempre, sia a vent’anni che a cinquanta.
Questa è la potenza che sprigiona la musica dei Simple Minds.

E le parole ironiche di Jim Kerr seduto sul palco acquistano un significato più commovente e vero di una semplice risata.
Minchia… so grasso
Minchia… so stanco
Minchia.. so vecchio
Ma quelli come noi non invecchiano mai
sono sempre giovani


(video liberamente condiviso dall'utente youtube Spin Lor)


Simple Minds 27-lug-2014, Cavea Auditorium, Roma ,Setlist:

Waterfront
Broken Glass Park
Love Song
Mandela Day
Hunter and the Hunted
Promised You a Miracle
Glittering Prize
Imagination
I Travel
Dolphins
Theme For Great Cities
Dancing Barefoot (Patti Smith cover)

Let the Day Begin (The Call cover)
Someone Somewhere In Summertime
See The Lights
Don't You (Forget About Me)

Big Music
New Gold Dream (81-82-83-84)

Let It All Come Down
Alive and Kicking

Sanctify Yourself


martedì 8 luglio 2014

Un Mare Pieno Di Vinili: Il Terzo Lato intervista The Anthony's Vinyls


Il Terzo Lato Del Vinile - Il Sito

Nove domande come nove le tracce di Like a Fish, secondo album dei The Anthony's Vinyls, in cui la band di Valmontone raggiunge la maturità: ironia e leggerezza sono sempre presenti e la parte ritmica strizza l'occhio al funk anni '70, le chitarre rimandano a sigle di vecchi telefilm e sostengono le parti vocali.



01 Avete partecipato  alla Battle of The Bands all’Hard Rock di Firenze assieme ad altri gruppi. La giuria era composta, tra gli altri, da Piero Pelù e il suo allievo Giacomo Voli, proveniente da The Voice. Hanno vinto gli El Santo, ma voi cosa avete imparato da questa esperienza? Vi sentite comunque vincitori della Battaglia di Firenze?
S’impara sempre qualcosa quando si sale su un palco e farlo davanti a gente come Pelù, Voli, Assante e Ringo è molto emozionante. Siamo abituati ad andare ai concerti dei Litfiba e non il contrario quindi questo aspetto eccezionale ci ha dato una grande carica, siamo arrivati secondi è vero ma abbiamo fatto il massimo e siamo tranquilli. Gli El Santo hanno meritato e questo fuga ogni dubbio sulla sincerità del contest.

02 Quali sono i vinili di Antonio che hanno ispirato di più la vostra musica? Morrissey e Marr c’entrano forse qualcosa? Perché la scelta di chiamarvi in questo modo?
Sicuramente la scena britannica ci ha condizionato molto Beatles, The Who e Cure sono tra questi. È innegabile la nostra attrazione per dischi quali “The Queen is Dead” e “Meat is Murder” ma lo stesso vale per tutta la conseguente scena Britpop e post Britpop.

03 Il disco precedente si chiamava A Different Water, qualche mese fa la pubblicazione del nuovo Like A Fish, il tema acquatico ritorna. Cosa lega i due dischi e cosa cambia?
I titoli dei nostri dischi sono spesso frasi buttate lì durante i viaggi, certo il tema dell'acqua è una cosa strana e che è uscita fuori inconsciamente. Per quanto riguarda l'aspetto sonoro i due album
sono diversi ma tutti esprimono il nostro modo d'essere e la nostra scelta sonora molto disincantata.

04 Le canzoni sono piene e compresse. Quanto tempo avete speso per le versioni definitive?
Non moltissimo, non amiamo ripensare troppo al lavoro che stiamo facendo. Ci piace essere diretti nonostante in studio poi i tempi si dilatino sempre per dare alle tracce il giusto suono. In questo particolare caso abbiamo preferito accorciare anche quella parte di missaggio che spesso rende i dischi un po’ di "plastica" cioè perfetti ma privi di personalità.

05 Ti piace essere forte ma non ti piace pregare, che cosa rappresenta per voi il primo singolo: Running Man?
Running Man incita ad alzarsi a reagire e combattere per ottenere quel che si vuole, la frase su citata è nata per caso, suonava bene e l'abbiamo lasciata. Probabilmente la religione, tema forte nel nostro piccolo paese, ci ha influenzato e la frase è un po’ come dire che non solo nella religione si trova la forza!

06 Chiude il disco The Train Of Their Life, canzone presente in tutte e tre le vostre pubblicazioni, nel primo EP è una ghost track, in A Different Water è all’interno di Sticky Fingers. Su Like A Fish è presente quella definitiva o pensate di firmare ogni disco sempre con diversi arrangiamenti di questa canzone?
Pensiamo di aver chiuso una trilogia…poi mai dire mai.

07 Ho trovato il sound di Like A Fish un buon compresso tra indie e funk, sicuramente un grande passo in avanti da A Different Water. Pensate di aver raggiunto il sound definitivo o in futuro sperimenterete nuovi oceani musicali?
Ci piace molto ascoltare quello che accade intorno, non siamo così arroganti da pensare che la nostra musica sia la migliore e stop! Anzi crediamo che si possa prendere spunto da molte cose che si sentono in giro. Ci piace guardare avanti e non porci limiti sul genere, con la speranza che i dischi mantengano però, sempre un’impronta nostra…uno stile Anthonys, insomma!

08 I testi galleggiano nell’acqua tra ironia e disappunto. Quanto è stato difficile far coincidere in tutti i testi del disco queste due caratteristiche?
I testi non sono mai stati la parte più importante per noi, ci divertiamo molto a raccontare piccoli aneddoti che ci capitano, cose curiose, le frasi spesso raccontano altro hanno un significato più ampio che si lega a qualche avventura vissuta direttamente da noi.

09 Se un’onda anomala stesse per distruggere la vostra collezione di dischi, qual è quello che portereste con voi sulla scialuppa?

È dura sceglierne uno in particolare, essendo due generazioni all'interno della band facciamo una scelta di compromesso che leghi le due anime, quindi un “Is This It” degli Strokes potrebbe essere il giusto anello di congiunzione.




Intervista di Davide Di Cosimo

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