I Blooming
Iris sono Nicolò Capozza (voce), Daniele Razzicchia (chitarra, synth),
Guglielmo Sacco (basso), Andrea Orsini (chitarra) e nascono nell'autunno del
2010. Dopo due anni di lavoro pubblicano il loro primo EP Field: 5 brani rock graffianti
che collocano subito la band come nuova interessantissima realtà rock della
capitale.
Amondawa è il disco della conferma. L'anima
prettamente rock è fiancheggiata ora dall'utilizzo dell'elettronica e da alcuni
slanci folk in un disco che trova la sua forza nella sezione ritmica e nelle
aperture sognanti e disincantate.
Dieci
domande come dieci le tracce di Amondawa.
Per vedere l'intervista video clicca qui.
01 Il vostro nome è ispirato a un’immagine
di National Geographic che raffigura la nebulosa Iris, una nube interstellare
che si illumina della luce delle stelle vicine. Una foto emblematica dei
fenomeni fisici che avvengono nel macrocosmo e una riflessione sull’io
interiore in continua mutazione. Quali sono i motivi di questa scelta?
I motivi di
questa scelta riguardano la nostra costante volontà ed attitudine ad essere in
continua evoluzione, proprio come la nebulosa, che muta e cambia forma. Appena abbiamo
visto la foto abbiamo subito capito che quello doveva essere il nostro nome.
Dal primo EP
siamo cambiati molto, e già siamo cambiati rispetto al nostro ultimo album Amondawa, ma in non è sempre così quando
si percorre una strada?
02 L’EP Field
del 2012, il video di Hello Wonderland
e una grande quantità di prestigiosi concerti hanno allargato il vostro raggio
d’azione. Quanto siete fieri di essere riusciti ad arrivare ad Amondawa con la vostra idea di musica
intatta?
Siamo molto
fieri, ma non sarebbe potuto essere altrimenti. Questo come tutti i progetti in
cui si mette il cuore hanno il diritto di potersi esprimere senza vincoli o
mezze misure. Siamo anche molto fieri dei live che abbiamo fatto, degli
applausi, dei complimenti, delle critiche negative e di quando dal palco
vediamo la gente che si muove a ritmo.
03 Avete presentato il vostro disco
d’esordio Amondawa il 30 ottobre al
Lanificio 159 di Roma. Immagino non sia stato un concerto qualsiasi. Cosa
ricordate di quella serata?
L’atmosfera
era pazzesca, suonare davanti a quasi 400 persone che vengono per ascoltare
solo te ti responsabilizza e crea allo stesso tempo una sinergia che rende tutto
più magico ed emozionante, a maggior ragione in un bel locale come il
Lanificio.
Vogliamo ringraziare
ancora una volta Rhò che ha aperto lo spettacolo ed ha scaldato l’atmosfera nel
migliore dei modi.
04 Amondawa
è un piccolo gruppo etnico del Brasile in cui gli individui che ne fanno parte
non conoscono il concetto di tempo e cambiano nome in base alle fasi della vita.
L’idea di tradurre questo concetto in musica come vi è venuta e quanto è stato
difficile arrivare a realizzarla nel modo corretto?
Il tutto è
nato perché sentivamo il bisogno di ritagliarci dei momenti in cui il tempo si
fermasse, proprio perché ne avevamo poco. Era ancora più paradossale in quel
periodo per noi pensare a questi uomini e queste donne e a come sia la loro
vita, neanche stessero su Marte.
Oltretutto abbiamo
cercato di curare ogni aspetto del lavoro in modo tale che emergesse però un’antica
identità sia a livello sonoro che di immagine.
05 L’immagine di copertina è un essenziale
collage di materiali su uno sfondo bianco e il titolo ha una calligrafia
infantile, quasi analfabetica. Come mai questa scelta?
Quell’immagine
ci ha sempre riscaldato. Volevamo che colori e figure rispecchiassero la nostra
musica, e allo stesso tempo ci facessero sentire a casa, e lo stesso vale per
il font. Volevamo fosse tutto più vero possibile.
06 I contenuti sia musicali che lirici
all’interno del disco sono molto profondi ed hanno bisogno di parecchi ascolti.
Credo che Amondawa sia un disco in
cui il messaggio univoco venga tradotto dagli ascoltatori secondo le proprie
esperienze. Era questo il luogo adimensionale che volevate raggiungere?
Assolutamente
sì. Già lo stesso ricevere questa domanda sottintende che siamo riusciti nel
nostro intento, e ne siamo felici.
Il sogno di
ogni musicista è che l’ascoltatore metta il disco nelle casse e si sieda
semplicemente a “subirlo”, lasciandosi trasportare.
07 La
canzone che forse si collega di più con la copertina, con la nebulosa e con la
tribù brasiliana, credo sia Solipsist. Tutto
quello che l’individuo percepisce è creato dalla propria coscienza. Un altro
cosmico interrogativo raccontato dopo aver messo a fuoco correttamente il
valore di una relazione.
Abbiamo voluto
raccontare una storia che ha riguardato una persona a noi molto cara. Come nella
maggior parte delle tematiche di Amondawa
descriviamo uno scenario, raccontiamo una storia che può essere colorata solo
da chi la ascolta.
08 Le liriche di tutti i brani assieme
all’originalità compositiva fanno di Amondawa
un album e non un’insieme di canzoni. Credo che il momento migliore si trovi
nella parte centrale, in NIM e The Mirror Stage, due canzoni che
sembrano uscite da una risolutiva analisi di sé stessi.
Abbiamo cercato
di dare una continuità al disco, ma abbiamo anche cercato di mettere in luce
una delle nostre caratteristiche principali, ovvero i cambi netti di atmosfera,
sia all’interno di una stessa canzone che in tutto il corso dell’album.
Questo elemento
contraddistingue anche il nostro live: molto spesso c’è stata l’esigenza di
dare al singolo brano più facce.
Le canzoni
sono come le persone: mutevoli, ma sempre le stesse.
09 Woodlack,
singolo uscito qualche mese prima della pubblicazione di Amondawa, è una collisione
cosmica dei nostri mondi, e avete dichiarato essere nato molto rapidamente.
Cosa rappresenta per voi questa canzone? È previsto un nuovo singolo?
Per noi Woodlack è stato il modo più diretto per
raccontare la trasformazione dei Blooming Iris. Questo è anche il motivo per
cui lo abbiamo scelto come primo singolo, oltre al valore affettivo. È stata la
canzone con cui abbiamo delineato la nostra strada futura, ed è venuta fuori
veramente in un giorno.
Per quanto
riguarda il nuovo singolo, lo sentirete molto presto, entro la fine del 2014!
10 In conclusione Amondawa è un disco da sentire e dal quale lasciarsi trascinare, un
disco molto distante dalla musica che circola nei network radiofonici. Quanto
credete questo possa influire nel vostro percorso?
Siamo convinti
che la rinascita degli ambienti underground passi da queste cose; quando ognuno
farà la sua musica con chiarezza moriranno anche le categorie, verranno meno i
paletti che impediscono il ricambio e la varietà della scena.
Per vedere l'intervista video clicca qui.
Intervista di Davide Di Cosimo
Blooming Iris – Amondawa
(2014)
Same Old Blood
Spleen
Raw
Woodlack
Be Spring
NIM
The Mirror Stage
Solipsist
NIM II
Amondawa
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