Dio deve
essersi appassionato alla buona musica, negli ultimi tempi. Lucio Dalla ed Enzo
Jannacci, Franco Califano, Pino Mango. E, ultimo di questo malinconico elenco,
Pino Daniele.
Come ormai
tutti sanno, l’artista napoletano si è spento a 59 anni a causa di un infarto,
nella notte fra il 4 e il 5 gennaio. Aveva avuto un malore subito dopo cena
nella sua casa nella campagna toscana.
È stata
inutile la corsa in macchina verso l’ospedale Sant’Eugenio di Roma, dove è
arrivato già morto.
Pino Daniele
frequentava ancora i banchi di scuola quando compose piccoli capolavori come Terra Mia e Napule è. Poesie in musica destinate all’immortalità, al pari di
tante altre canzoni della tradizione partenopea. Si affacciò sulla ribalta
napoletana verso la metà degli anni Settanta, come bassista dei Napoli
Centrale. Il suo talento venne scoperto da James Senes, il sassofonista del gruppo,
che continuerà a collaborare con Daniele in quei primi album da solista che
arrivarono come un ciclone sulla scena musicale italiana.
Quel bizzarro
insieme di musica nera e rock, di dialetto napoletano e lingua inglese, la sua
voce lieve, quel modo virtuoso e istintivo di giocare con le corde della
chitarra, conquistarono fin dagli esordi schiere di fedelissimi ammiratori, che
oggi lo piangono.
Il suo cuore
era malandato da tempo, e Pino lo sapeva bene. Affermava di vivere la vita
giorno per giorno, e non voleva passarne nemmeno uno senza suonare. Lo cantava
fin dal principio “la musica è tutto ciò che ho”, in Nero A Metà, l’album con cui il 19 settembre del 1981, portò
duecentomila persone a piazza del Plebiscito.
Quella stessa
piazza che questa sera lo abbraccerà per l’ultima volta.
Di Gianluca Perosillo (primo articolo su Il Terzo Lato Del Vinile)
Pino lascia un vuoto incolmabile nel panorama musicale italiano ed internazionale.
RispondiEliminaLa sua era musica mischiata a poesia.
Non ci sono parole, solo tanta tristezza.
un abbraccio
Life, Laugh, Love and Lulu