Quando il
vinile era la musica gli artisti erano artisti.
Ora sarebbe
assurdo pensarla così, ma dall’avvento dei compact disc, dagli anni novanta, la
musica italiana ha raggiunto un declino inesorabile.
Fino agli
anni ottanta, quando un disco era un vinile e un vinile era un album, gli
artisti italiani si scontravano contro i grandi colossal musicali internazionali, soprattutto inglesi.
Fare una
classifica di vendite in Italia non è mai stato facile e non ci sono mai fonti sicurissime, ma si può individuare con
più di qualche certezza la musica più popolare
che circolava all’epoca.
I Police
erano il massimo e in particolare i primi due dischi di Sting, The Dream Of Blue Turtles e …Nothing Like The Sun, riscossero un
enorme successo nello stivale.
The Wall dei Pink Floyd o The Joshua Tree degli U2, o un qualsiasi
disco dei Dire Straits, se andate a cercare in soffitta o in cantina,
scoprirete di averlo anche voi.
Il sound d’oltremanica non è mai stato roba
per noi, ma la musica italiana all’epoca doveva considerare che l’ascoltatore
medio era influenzato dai Queen, dagli Eagles, dai Simply Red, dai Led Zeppelin
o dai Simple Minds.
Non è un
caso che i più grandi album italiani siano contemporanei alle mitiche
pubblicazioni internazionali.
Ancora oggi
si parla di La Voce Del Padrone di
Battiato. Di Tregua di Renato Zero. La Vita è Adesso o Oltre, entrambi di Claudio Baglioni possono essere considerati la
guida per un concept album all’italiana.
C’era Venditti e Segreti o In Questo Mondo Di Ladri di Venditti,
per non parlare di Lucio Dalla, dei primi dischi di Vasco Rossi, o di Burattino Senza Fili di Edoardo Bennato.
C’era molta
più attenzione ad incidere le canzoni nello studio di registrazione.
Poi le
canzoni non vennero più incise, ma masterizzate su cd e iniziarono a circolare
le prime brutte copie dei grandi cantanti italiani. Vedi Giorgia. Vedi Biagio
Antonacci. Vedi Laura Pausini. Tutta gente con una bella voce, ma se ascoltiamo
solo la voce ascolteremo solo e per sempre Whitney Houston e altre poche
eccezioni.
Artisti che
è difficili definirli tali. Gente che non ha niente da condividere con mezza
piuma del primo Renato Zero. Gente che dovrebbe cantare nei locali e far
ascoltare la voce.
Ma l’arte
della musica non è roba per loro.
Oggi neanche
più il cd ha un valore, con l’avvento del formato digitale. Ed eccoci
catapultati in un abisso profondo. Vasco Rossi è morto e non se n’è accorto, è
diventato la cover di sé stesso. Forse è lui che non sa più che ore sono, visto che continua a fare concerti per
tutta Italia a 60 euro a biglietto senza nemmeno avere l’accortezza di
registrare un album.
Ligabue sembra diventato un grande rocker, un
grande maestro di vita e di buoni sentimenti, quando non lo è mai stato;
escludendo i primi due/tre dischi in cui aveva qualcosa da dire, anche lui è
diventato la cover di sé stesso.
Tiziano
Ferro era partito bene. Aveva quasi fuso il rap con la canzone italiana in un
mix ben riuscito, ma poi anche lui ha smesso di produrre musica per finire nel
banale.
Gli 883 si
inventarono un genere che Max Pezzali non ha mai avuto la forza di portare
avanti. Stessa sorte per gli Articolo 31, il primo rap italiano insieme a
Jovanotti, J-Ax prima dello scioglimento del duo e in seguito da solo ha
re-inventato sé stesso e la sua musica in una sorta di rap and roll. Lorenzo ha spaziato molto tra il rap, il pop e l’elettronica,
diventando un grande sperimentatore.
L’ultimo
disco italiano degno di nota è proprio il mitico …Squerez? dei Lùnapop, in cui Cesare Cremonini fuse la musica teen,
il brit pop, e la musica italiana.
Cesare
Cremonini forse oggi è l’unico cantautore di un certo livello che abbiamo.
Stendendo un
velo pietoso sul fenomeno Gigi D’Alessio ti accorgi che, parafrasando Ligabue, il peggio deve ancora venire.
È l’epoca di
Amici di Maria De Filippi, di
X-Factor e degli altri talent show.
Palcoscenici
dove si mischia saper fare una cosa da saperla inventare.
Si parla di
Emma, di Alessandra Amoroso, di Giusi Ferreri di Marco Carta. Dei Modà.
Non c’è
bisogno di ulteriori parole.
Ma io mi
rivolgo a tutti coloro che sono stufi che nelle radio trasmettano questa musica
spazzatura, che sono stufi di essere presi in giro. Che hanno bisogno di
ascoltare qualcosa di nuovo e di vero.
E non
credete che prima erano altri tempi,
che la musica non è più come prima. È
vero che tra il 1970 e il 1990 c’è stata una generazione di geni, ma secondo
voi se il nuovo Jimmy Page nascesse in Italia oggi riuscirebbe a sfondare?
Le etichette
discografiche e i programmi radiofonici e televisivi potranno continuare a
passare i loro finti artisti lucrando sull’ignoranza della gente che spende
soldi per comprare i dischi o per andare ai concerti.
Questa non è
musica è un business che alimentiamo noi stessi quando invece dovremmo dire
basta.
Spegnete la
radio. Bruciate la televisione. Andate in giro nei locali. O comprate la musica
indipendente.
È ognuno di
noi che alimenta questa crisi musicale con il silenzio e con i suoi soldi.
Questa è
gente che non ha niente da dire.
Osanniamo le
persone sbagliate.
La musica è
un’arte come la pittura e l’architettura, e tutto si riflette sull’economia e
sulla politica.
Siamo in
crisi in tutti i sensi.
Ma il
cambiamento parte da noi.
Smettiamola di
farci prendere in giro.
Siamo molti
di più di quanto pensiamo.
PEOPLE HAVE THE POWER
Caspita! Sono contenta di leggere queste parole scritte da una persona più giovane di me. Io non amo molto la musica italiana, ma il discorso che fai tu si applica in generale alla musica degli ultimi anni: i talent show stanno uccidendo chi ha qualcosa di originale (ma poco commerciale) da dire e il formato digitale sta trasformando la musica in mero oggetto di consumo. Funziona solo chi produce roba da mercato... possibile che nessuno riesca a venire fuori con un'idea nuova?!?
RispondiEliminati ringrazio di ogni tua parola!
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