Due persone Francesca Di Ventura, voce degli Heretic's Dream ed io, co-inventore del Terzo Lato Del Vinile. Due capitali, Londra dove vive da quattro anni, e Roma dove i miei vinili stanno invadendo almeno il mio quartiere.
Undici domande come undici sono le tracce di Walk The Time, secondo lavoro musicale degli Heretic's Dream, un disco dalle straordinarie qualità emotive e concrete, che ha saputo mischiare più generi in un sound di forte impatto.
1//Walk The
Time ha spaccato in due la critica: c’è chi lo ha stroncato fin da subito e chi
lo ha elogiato al massimo. A distanza di sei mesi dalla sua pubblicazione
quanto sei soddisfatta di questo lavoro, quali, secondo te, sono i punti di
forza e i punti deboli. Ti faccio questa domanda perché anche il tempo ha le
sue variabili e magari ciò che pensavi fosse perfetto ti sembra diverso, o la
parte più debole diventa la migliore.
Una bellissima domanda. Riguardo la critica
è proprio così: o lo ami o lo odi. Sono state poche le critiche negative ma
quelle che ci sono state sono state molto negative. Le altre recensioni non
buone sono provenute da giornali metal, proprio di settore e, noi, non siamo
prettamente metal, in linea di massima se c’è un aspetto negativo e che noi ci
definiamo metal, per alcuni aspetti che la nostra musica ha, come le chitarre
scure e l’utilizzo del doppio pedale, però abbiamo anche altre influenze più
pop e rock, soprattutto io che ho un background diverso dagli altri ragazzi.
Chi cerca un classico disco metal può storcere il naso di fronte al nostro
disco.
È vero il tempo cambia anche la nostra
stessa percezione del disco. Oggi lo ascolto, ci sono ancora tante cose belle,
ma oggi, dopo sei mesi, avrei sicuramente cose diverse da dire. Anche nei testi
sarei meno introspettiva e più solare, perché in questo momento la mia vita lo
è di più rispetto a sei mesi fa, quando venivo da un periodo estremamente
pesante di giudizi sociali, che ha decisamente inciso nel modo di scrivere i
testi. La nostra percezione della nostra musica non è affatto legata alle
recensioni, non ci sentiamo persone migliori quando la recensione è ottima e
viceversa. Sicuramente se ci sono delle critiche positive o negative è giusto
rifletterci. L’aspetto sul quale dobbiamo lavorare è quello di indicizzare di
più la nostra musica perché in questo momento il mercato nostro è troppo largo.
Non avendo un genere specifico si fa fatica ad indirizzare questo disco agli
appassionati di… perché non ha un genere particolare. Ci abbiamo messo un po’
troppa roba dentro. La critica che ci viene mossa spesso, e che troviamo
probabilmente giusta, è di cercare una
linea di scrittura più univoca e di seguire un certo filone.
2//La vostra
storia, nata in Inghilterra ma di cuore italiano, mi ha fatto venire in mente
il libro “Straniero in terra straniera” di Robert A. Heinlein, in cui un umano
cresciuto da alieni ritorna sulla terra ed in pratica non conoscerà mai il
significato della parola casa. Cito questo libro perché probabilmente ha anche
ispirato due omonime ma diversissime canzoni intitolate proprio Stranger In a
Strange Land, una degli U2 l’altra degli Iron Maiden. Quindi ti chiedo, quando
senti “precaria” e “squilibrata” la vostra musica? Quando e dove è un bene o un
male?
Vivere in un paese straniero come
l’Inghilterra non è semplice. Per quanto è un posto dove ci sono tantissime
etnie è anche vero che il patriottismo
inglese li rende in qualche modo una popolazione molto chiusa. E’ vero che le
frontiere sono aperte, ma la possibilità di integrarsi con la loro società
sotto tutti i punti di vista non è una cosa scontata. Tant’è che qui la maggior
parte degli italiani è relegata a lavori di bassa lega. E quando bisogna
scegliere tra un inglese medio ed un eccellente italiano loro scelgono
l’inglese medio. È una mentalità tipicamente isolana. Però è anche vero che qui si ha un diverso
approccio alla musica e questo ci ha aperto gli occhi, le persone vanno in giro
ad ascoltare musica e si suona parecchio, i locali non ti stressano in base al
numero di persone che porti. Ci si sente stranieri in terra straniera? Si,
decisamente. La musica è alla fine la nostra casa, un linguaggio universale con
il quale puoi comunicare ovunque tu sia. Ed è bellissimo.
3//Musicalmente
il disco è contaminato da svariate influenze, tuttavia in ogni canzone è molto
marcato il suono della chitarra, come fosse una firma sulle canzoni. È un sound
molto particolare che necessita di tempo per essere metabolizzato.
Credo che le
note, la chitarra e gli arrangiamenti siano frutto della vita vissuta.
È come
aprire un diario personale.
Hai colto nel segno. Sicuramente la chitarra
è estremamente presente perché la musica l’ha scritta Andrej Surace, che è il
chitarrista e anche il mio compagno. La line-up della band ha avuto parecchie
successioni, in due anni abbiamo cambiato sette batteristi e sei bassisti. Di
conseguenza hanno solo partecipato agli arrangiamenti. Fondamentalmente i pezzi
nascono da Andrej e la sua chitarra è preponderante.
Il diario personale è una cosa bellissima…
io dico sempre che questo disco è personale ma personalizzabile, perché parlo
di mie esperienze personali che alla fine sono quelle di ogni essere umano, in
cui ciascuno di noi ci si può riconoscere.
4//Il titolo
del disco è molto affascinante. Attraverso le canzoni che sembrano 11
cortometraggi registrati con 11 cineprese diverse su 11 pellicole diverse, si
entra nella strana dimensione di Walk The Time.
Il
dizionario alla voce tempo risponde così: “durata misurabile di tutto cio che
è; in senso più particolare la successione dei giorni fisici, una quantità che
segue la ragion diretta dello spazio percorso”, ma anche “stato dell’atmosfera”
e “stato del movimento”. Puoi dirmi qualcosa in più?
Bella metafora! Walk The Time mi è venuto in mente perché in
questo disco i testi parlano di esperienze di vita, di un percorso mio, e in
generale di ogni essere umano fa percorrendo il proprio tempo. L’idea di
camminare il proprio tempo è un’azione attiva. Non farti vivere, ma vivi tu. In
prima persona. Che tu sia attivo nelle tue scelte. Fa che il tempo sia
un’azione in cui sei attivamente coinvolto.
E che il tempo vada dove vuoi tu. Il tempo è stato in questo caso nove
mesi, in cui ci è successo un po’ di tutto, sia nella band che a livello
personale. Se c’è qualcosa che ritorna in tutti i testi è il giudizio sociale,
di un compagno, di un padre, che mi è pesato tantissimo in questo periodo. Ed
io ho trovato un mio modo personale di elaborare l’essere giudicati nelle
proprie scelte.
Abbiamo approcciato al disco con l’idea di fare
qualcosa che non fosse noioso. Il metal è molto ripetitivo, gira bene solo perché il tuo orecchio ci è già
abituato. Noi vogliamo qualcosa di inatteso tra un pezzo e l’altro. Vogliamo
che l’ascoltare tra un pezzo e l’altro dica: e adesso che cosa mi aspetta?
5//I vostri
testi sono ricchi di spunti, una canzone molto forte è The Next Level, che
parla di razzismo e discriminazione, ed è una critica a certi aspetti della
cultura inglese. Ti chiedo quanto razzismo avete sentito, anche in ambito
musicale dato che molte critiche provengono dai blog più metallari, e quale sia
il prossimo livello.
Razzismo a livello musicale non lo vedo,
abbiamo avuto le più belle recensioni da paesi come la Germania, la Grecia, il
Belgio. Gli inglesi sono razzisti? Si, perché è il loro unico modo di
sopravvivere, non amano la competizione, non si parlano in faccia, hanno un
finto perbenismo che è solo una facciata e questo nel testo lo dico. Sono molto
egoisti e molto poco comunicativi. L’inglese medio ha il suo circoletto e il
resto del mondo può andare a quel paese. È una società in cui nessuno si ferma
per darti una mano. In quattro anni che vivo qui il sentimento più forte è
stato la solitudine, cosa che non accade a livello musicale, la musica è ancora
divertimento.
C’è un forte contrasto tra lo stato sociale
e la musica.
La canzone l’ho scritta in aereo quando
tornavamo da un concerto in Italia per venire qui guardando il mio compagno che
non riusciva a trovare lavoro nel suo settore, e si sentiva dire sempre le
stesse frasi per giustificare il fatto che preferivano prendere un inglese
piuttosto che un italiano. Questa canzone è stata un forte sfogo perché ho
visto l’amarezza negli occhi di Andrej, una situazione inverosimile.
6//Mi piace
pensare che Dreams Falling parli del
confine tra realtà e sogno, di quello stato onirico di dormiveglia che
storicamente hanno raggiunto svariati artisti nel tempo, per generare grandi
invenzioni e grandi opere d’arte, come successe per le grandi avanguardie del
novecento. È lì, in quel posto senza tempo che esce fuori l’arte ed in questo
caso la musica?
In realtà il pezzo è più concreto, più
pragmatico. E parla della paura di non svegliarsi dopo un incubo. Sono d’accordo
sul fatto che la musica è sicuramente frutto di una dimensione che non è
quotidiana. È uno stato in bilico tra la follia e la sanità. È molto spesso
un’esigenza per chi la fa, perché è l’unica forma di comunicazione di artista
per esprimere sé stesso ed il proprio disagio
7//Ho letto in
un’altra intervista che sei una mamma, in Before The Storm si parla proprio
di questo, dell’angoscia e della paura di avere una vita in grembo, e della
voglia di diventare migliori per un figlio.
Quanto senti
di essere cambiata in meglio e cosa la nascita di un bambino ti ha insegnato?
Quel testo parla del tema del giudizio. L’ho
scritto perché soprattutto quest’anno mi sono sentita estremamente giudicata da
persone a me molto vicine di sull’essere o meno una buona madre. Nessuno
dovrebbe ergersi a giudice degli altri, ma questi giudizi mi hanno portato ad
interrogarmi.
Vedo mio figlio, ed è felice, è cresciuto
nella musica e vedo tanta felicità, ed oggi mi rispondo che sono contenta delle
scelte che ho fatto.
La paura di essere incinta l’ho superata
immediatamente perché c’era tanto amore verso questo bambino, il dover smettere
di fumare subito, il vedere il mio corpo cambiare, è stato bello. È qualcosa che fai facilmente
se senti che ne vale la pena, ed io lo sentivo.
Nel testo chiedo perdono a mio figlio se non
gli sono stata sufficientemente vicino, anche se oggi ritengo di averlo fatto a
mio.
L’ho portato con me ai concerti, questa è
una pratica comune per i musicisti. Non sta scritto da nessuna parte che un
bambino che si addormenta alle otto cresca meglio di un bambino che
partecipa attivamente alla vita dei genitori anche se è un po’ incasinata.
8//Johnny Marr,
ex chitarrista degli Smiths, nel suo album solista ha pubblicato New Town
Velocity, una canzone che parla dell’impegno che ci vuole per trovare la
giusta strada lungo le strade di una città che non ti aspetta, anzi va sempre
più veloce.
Quanto senti
frettoloso il mondo contemporaneo e quanta fretta hai nel generare musica?
Il mondo di oggi è sicuramente molto veloce,
però non mi sento oppressa da questa rapidità, mi trovo abbastanza a mio agio
in essa. Forse la vita che faccio qui, nel country side di Londra è troppo
lenta, mi manca quella frenesia che è anche vitalità, che qui non c’è e
talvolta mi sembra di stare in un mondo confezionato insieme a dei robot in cui
tutti è a certi orari e non succede niente di nuovo. Io sono più per una vita
più attiva.
La fretta per la musica l’ho avuta solo tra
il primo e il secondo disco. Perché il primo disco a noi stessi della band non
piaceva, l’abbiamo registrato in uno studio inglese indie e r&b, generi che
vanno tantissimo qui, e non suonava metal per niente, sembrava un ottimo disco
live. Volevamo masterizzarlo da un’altra parte ma non ne abbiamo avuto il
tempo: è arrivata la casa discografica e tutto è andato in fretta. E in quel disco veniva giustamente
criticata la produzione poco curata. La
mia voglia di riscatto era dimostrare di saper fare un disco di musica migliore
di quello. Abbiamo scelto uno studio di registrazione a Roma specializzato per
il genere metal, abbiamo avuto il tempo che volevamo per il suono, anche in
questo caso avevamo delle scadenze e problemi con alcuni membri della band, ma
in quel momento ho sentito proprio il momento di fare musica. Di dimostrare che
questa band sa fare di più. Il primo era
un disco con bei pezzi peccato che non è stato curato.
9//Il vostro
disco è molto death metal e hardcore, ma anche goth-rock e in alcuni tratti si
sentono gli echi del post-punk. Quali gruppi avete come riferimento, e secondo
te quale genere prevale?
Direi che il metal prevale, è il raccordo
tra tutti gli elementi. Andrej viene dal trash e dal death. Carlo, l’altro
chitarrista, dal goth female fronted band. Il batterista al tempo delle
registrazioni ascoltava molto i Red Hot Chili Peppers e i Symphony X. Io sono
la voce fuori dal coro dato che sono cresciuta con Madonna, Depeche Mode,
Roxette e il pop anni ottanta e novanta, e
probabilmente si sente sia nel mio stile vocale che non è la classica
voce drammatica delle cantanti metal e sia nelle melodie che sono più pop, con
un chorus più accattivante, tipico degli anni ottanta.
Non creare un genere pensavamo fosse un
punto di forza, ma nel metal non paga. Ci sono troppe regole non scritte. Addirittura
per il prossimo disco pensavamo a qualcosa di acustico.
Il metal può essere una recinto ed io piuttosto
che rinchiudermi in una gabbia dorata preferisco sentirmi libera e volare in
alti orizzonti.
10//Un gruppo
rock nell’underground di Roma si chiama “Not For Money”, quanto la variabile
economica è importante per la longevità di una band? Dalla vostra storia cosa
senti di aver imparato? Che consigli daresti ai nuovi gruppi emergenti?
Per fare musica di una certa qualità, del
video, della registrazione, i soldi vanno spesi. Il mio consiglio è che i soldi
meglio spesi sono per l’ufficio stampa, che ti aiuta per la promozione, per le
interviste, i passaggi radio, le news… noi abbiamo un ottimo ufficio stampa che
è la safandsound in Italia, uno in Europa e uno in Inghilterra. Se dovete
uscire con un disco fatelo con qualità. Noi, come detto, ci siamo un po’
pentiti della qualità del primo disco… un buon biglietto da visita è
importante. Meglio aspettare di avere dei soldi e fare una buona registrazione
piuttosto che una mediocre. Se si hanno dei soldi in più vanno investiti
nell’ufficio stampa, qualcuno che ti aiuti a diffondere la tua musica. Oggi i
gruppi mettono un video su youtube e sperano. Non è così semplice.
Una
band senza ufficio stampa è come una bellissima macchina senza ruote. Non si va
da nessuna parte.
11//Abbiamo
creato questo blog perché grandi appassionati del long playing. Che rapporto
hai con il vinile e che ne pensi della diffusione musicale moderna? Pensi
davvero possa aumentare l’ampiezza di pubblico o è una biblioteca di Babele?
Il vinile è una meraviglia. Di dischi ne ho
molti, dagli Europe ai Chicago a Barbra Streisand, mio padre ne portò molti
quando nell’ottanta tornò dall’America. Ci tengo tanto ai miei dischi, ai 45
giri che correvo a comprare. Il vinile secondo me è molto romantico.
L’analogico in generale è romantico. Però il metal non se lo potrà mai permettere,
le registrazioni in analogico cozzano con il concetto del metal moderno.
Il cd secondo me andrà a morire. La nostra
casa discografica mi diceva proprio questo: i dischi non si vendono più. Ora si
vende solo il singolo pezzo sulle piattaforme online. La gente non compra più un
disco, si preferisce il singolo pezzo. Anche il nostro mercato dice questo.. Abbiamo
venduto il disco, ma molto di più singoli. Per me è qualcosa di rischioso.
Un disco è un libro e tu comprando un
capitolo non hai l’interezza della storia.
L’intervista
è ufficialmente finita. Grazie!
Grazie a te. Devo dire che è stata proprio una
bella intervista in cui ho imparato anche io qualcosa!
Intervista di Davide Di Cosimo
Heretic's Dream - Walk The Time (2013)
Outcasted
Chians Of Blood
Behind The Mirror
Dreams Falling
Believed In You
Shockwave
Fighiting Time
Connections
The Broken Silence
Before The Storm
The Next Level
Il Terzo Lato Del Vinile - Il Sito
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