martedì 27 gennaio 2015

R. Riccardi - Sono stata un numero, Alberto Sed racconta

Quando ho conosciuto Alberto era una fredda giornata di gennaio. Come oggi, il sole splendeva forte e le pietre erano fuoco ardente  che riflettevano luce. Avevo letto la sua storia e come i bambini avevo idealizzato un eroe di cui già conoscevo le linee portatrici e i contorni, ma quando fa il suo ingresso nell'aula magna, posso dire che i miei occhi e il mio cuore lo videro davvero per la prima volta. Era un uomo. Capelli bianchi, passo lento, voce bassa. E occhi pieni di vita. Avevano visto troppo quegli occhi, tanto da farlo essere un uomo che aveva preso a schiaffi il mondo e ne aveva preso il dominio. Un uomo. Ecco cos'è Alberto Sed ai miei occhi.  E proprio mentre pensavo a tutto quello che l'uomo era stato in grado di fare. Di fare ad un altro uomo. Proprio mentre pensavo all'orrore e alla vittoria su di esso, mentre mangio insieme ad un sopravvissuto sopra la vita, lui si gira, mi fissa con occhi semplici, e mi dice: "ho una certa età io però, signorina. Vorrei fare un riposino prima di uscire di nuovo". Ed io sono esterrefatta dalla persona che vedo.  Sorrido e annuisco semplicemente. 
Penso alla grandezza nascosta nella normalità... 



“Soffri donna. Il dolore che ti morde la carne è buono. Viene dalle viscere della terra, dal cuore profondo dell’umanità che ti ha generata. Urla , piangi pure se vuoi. Per ogni lacrima versata avrai mille sorrisi, dalle labbra di tuo figlio sospinti dal vento ti raggiungeranno l’anima. E la sofferenza svanirà anche dai tuoi ricordi”.

E’ la vita: per tutti lo stesso inizio, per tutti la stessa ragione. Un solo e unico scopo:quello di vivere. Non importa il colore della pelle, il credo religioso, il colore dei capelli. Siamo tutti figli di una donna, di una madre, della stessa terra. Tutti figli della vita. E’ così che iniziò l’esistenza anche per Alberto Sed. Uno dei tanti ragazzi che correvano per le strade di Roma con il pallone sempre vicino. Un ragazzo come tanti fino all’anno 1938. L’anno delle leggi razziali. L’anno delle differenze. Delle malignità. Dell’inizio dell’Orrore. In poco tempo si ritrovò senza nessuno per giocare a calcio…eppure gli amici erano gli stessi, i divertimenti gli stessi, la stessa famiglia! Un particolare ora veniva aggiunto alla descrizione del giovane Alberto: era EBREO.
Era diventato diverso, sporco, inutile, non della stessa razza, peccatore. Ma di quale peccato poteva essersi macchiato un bambino?! Può l’innocenza macchiarsi con il male stesso?! In nome di quale razza si permise che mamme, bambini, anziani fossero chiusi, torturati, portati al confine tra morte e vita. Di cosa è capace l’uomo?! Cosa è concesso al genere umano?! Fino a che punto l’uomo riesce a riesce a raggiungere l’inumanità,la catastrofe artificiale?!
Domande che dovrebbero fungere da fondamento per la sicurezza della nostra civiltà e che spesso guardiamo con aria incredula, distante. Come se non ci riguardassero. Eppure sono passati ottant'anni dall’inizio dell’incubo mondiale e noi già ci sentiamo estranei?! Estranei noi,estranei le persone che udirono attraverso la testimonianza per la prima volta tutto questo, estranei i testimoni complici di questo olocausto. Ma dentro di noi, nella nostra anima queste ci sono e sono accompagnate da rabbia,disgusto e paradosso.



Ma questi nostri occhi giovani sempre capaci di elevarsi al cielo..Queste orecchie sempre capaci di ascoltare la pioggia cadere delicata sulla terra.. Queste nostre labbra che possono con facilità ogni volta che vogliono baciare il vento,percepire l’essenza della vita e della libertà.. Vivere e poter sognare.. Sognare e poter vivere.. Essere liberi.. Non potremo mai capire l’orrore Assoluto che è stato in grado di concepire l’Essere umano. Le nostre menti non riusciranno mai a realizzare le stesse immagini..provare le stesse emozioni.. Possiamo però com-patire queste sofferenze.. Possiamo raccontare quanto ci è stato narrato della vera essenza del Male.. e ricordare che ci sono state persone che come la Fenice hanno saputo rinascere dalle proprie ceneri.. sono stati in grado di rivedere la luce nell’oscurità più profonda.. Sono riusciti a risorgere alla speranza: nella gente..nel futuro..nella vita.. e sono riusciti a riscattarsi.. ad urlare al mondo che nonostante la negazione di ogni sentimento e di ogni diritto avevano vinto.. e che anche loro si erano aggiudicati il proprio scacco matto alla conclusione della partita.. Che anche il peggiore degli inferni è destinato alla propria distruzione..






“Quel 27 gennaio, che oggi viene celebrato come il giorno della memoria,dai cancelli di Auschwitz non uscirono solo poveri prigionieri,ridotti in fin di vita. Uscì la libertà rinchiusa,la giustizia calpestata. Forse a uscirne fu l’intera umanità”.
Ricordi. Una sola parola che può contenere nel suo significato l’unica eternità del mondo terreno. Ricordi perenni  che possono riaffiorare e portare con sé una lacrima in qualsiasi momento.. “La memoria è uno strano luogo in cui gli eventi possono accadere all’infinito. Li rivediamo ogni giorno con immutato dolore”.
Quegli stessi ricordi che nella quotidianità possono aiutarci a capire la gioia.. la meraviglia.. la bellezza vera!!
Questa è la storia del signore Alberto Sed. Un uomo come tanti che è riuscito ad oltrepassare l’inferno.. vincere nel limbo.. e riconquistare la propria vita.. Una storia disumana che ci ha regalato anche un lieto fine e un messaggio di speranza.. Ci ha regalato una testimonianza.. una memoria..
“Tutti quelli che se ne vanno ti lasciano sempre addosso un po’ di sé. E’ questo il segreto della memoria”…


Ad Alberto.
Sempre con grandissimo affetto.

1 commento:

  1. Non dimentichiamo che i Piemontesi agli abitanti dell'ex Regno delle Due Sicilie hanno fatto di peggio nel lager di Fenestrelle sciogliendoli nella calce viva.

    RispondiElimina