Quando ho conosciuto Alberto era una fredda giornata di gennaio. Come oggi, il sole splendeva forte e le pietre erano fuoco ardente che riflettevano luce. Avevo letto la sua storia e come i bambini avevo idealizzato un eroe di cui già conoscevo le linee portatrici e i contorni, ma quando fa il suo ingresso nell'aula magna, posso dire che i miei occhi e il mio cuore lo videro davvero per la prima volta. Era un uomo. Capelli bianchi, passo lento, voce bassa. E occhi pieni di vita. Avevano visto troppo quegli occhi, tanto da farlo essere un uomo che aveva preso a schiaffi il mondo e ne aveva preso il dominio. Un uomo. Ecco cos'è Alberto Sed ai miei occhi. E proprio mentre pensavo a tutto quello che l'uomo era stato in grado di fare. Di fare ad un altro uomo. Proprio mentre pensavo all'orrore e alla vittoria su di esso, mentre mangio insieme ad un sopravvissuto sopra la vita, lui si gira, mi fissa con occhi semplici, e mi dice: "ho una certa età io però, signorina. Vorrei fare un riposino prima di uscire di nuovo". Ed io sono esterrefatta dalla persona che vedo. Sorrido e annuisco semplicemente.
Penso alla grandezza nascosta nella normalità...
“Soffri
donna. Il dolore che ti morde la carne è buono. Viene dalle viscere della
terra, dal cuore profondo dell’umanità che ti ha generata. Urla , piangi pure
se vuoi. Per ogni lacrima versata avrai mille sorrisi, dalle labbra di tuo
figlio sospinti dal vento ti raggiungeranno l’anima. E la sofferenza svanirà
anche dai tuoi ricordi”.
E’ la vita: per tutti lo stesso inizio,
per tutti la stessa ragione. Un solo e unico scopo:quello di vivere. Non
importa il colore della pelle, il credo religioso, il colore dei capelli. Siamo
tutti figli di una donna, di una madre, della stessa terra. Tutti figli della
vita. E’ così che iniziò l’esistenza anche per Alberto Sed. Uno dei tanti
ragazzi che correvano per le strade di Roma con il pallone sempre vicino. Un
ragazzo come tanti fino all’anno 1938. L’anno delle leggi razziali. L’anno
delle differenze. Delle malignità. Dell’inizio dell’Orrore. In poco tempo si
ritrovò senza nessuno per giocare a calcio…eppure gli amici erano gli stessi, i
divertimenti gli stessi, la stessa famiglia! Un particolare ora veniva aggiunto
alla descrizione del giovane Alberto: era EBREO.
Era diventato diverso, sporco, inutile, non
della stessa razza, peccatore. Ma di quale peccato poteva essersi macchiato un
bambino?! Può l’innocenza macchiarsi con il male stesso?! In nome di quale
razza si permise che mamme, bambini, anziani fossero chiusi, torturati, portati
al confine tra morte e vita. Di cosa è capace l’uomo?! Cosa è concesso al
genere umano?! Fino a che punto l’uomo riesce a riesce a raggiungere
l’inumanità,la catastrofe artificiale?!
Domande che dovrebbero fungere da
fondamento per la sicurezza della nostra civiltà e che spesso guardiamo con
aria incredula, distante. Come se non ci riguardassero. Eppure sono passati ottant'anni dall’inizio dell’incubo mondiale e noi già ci sentiamo
estranei?! Estranei noi,estranei le persone che udirono attraverso la testimonianza
per la prima volta tutto questo, estranei i testimoni complici di questo
olocausto. Ma dentro di noi, nella nostra anima queste ci sono e sono
accompagnate da rabbia,disgusto e paradosso.
Ma questi nostri occhi giovani sempre
capaci di elevarsi al cielo..Queste orecchie sempre capaci di ascoltare la pioggia
cadere delicata sulla terra.. Queste nostre labbra che possono con facilità
ogni volta che vogliono baciare il vento,percepire l’essenza della vita e della
libertà.. Vivere e poter sognare.. Sognare e poter vivere.. Essere liberi.. Non
potremo mai capire l’orrore Assoluto che è stato in grado di concepire l’Essere
umano. Le nostre menti non riusciranno mai a realizzare le stesse immagini..provare
le stesse emozioni.. Possiamo però com-patire queste sofferenze.. Possiamo
raccontare quanto ci è stato narrato della vera essenza del Male.. e ricordare
che ci sono state persone che come la Fenice hanno saputo rinascere dalle
proprie ceneri.. sono stati in grado di rivedere la luce nell’oscurità più
profonda.. Sono riusciti a risorgere alla speranza: nella gente..nel
futuro..nella vita.. e sono riusciti a riscattarsi.. ad urlare al mondo che
nonostante la negazione di ogni sentimento e di ogni diritto avevano vinto.. e
che anche loro si erano aggiudicati il proprio scacco matto alla conclusione
della partita.. Che anche il peggiore degli inferni è destinato alla propria distruzione..
“Quel 27 gennaio, che oggi viene
celebrato come il giorno della memoria,dai cancelli di Auschwitz non uscirono
solo poveri prigionieri,ridotti in fin di vita. Uscì la libertà rinchiusa,la
giustizia calpestata. Forse a uscirne fu l’intera umanità”.
Ricordi. Una sola parola che può
contenere nel suo significato l’unica eternità del mondo terreno. Ricordi perenni
che possono riaffiorare e portare con sé
una lacrima in qualsiasi momento.. “La memoria è uno strano luogo in cui gli
eventi possono accadere all’infinito. Li rivediamo ogni giorno con immutato
dolore”.
Quegli stessi ricordi che nella
quotidianità possono aiutarci a capire la gioia.. la meraviglia.. la bellezza
vera!!
Questa è la storia del signore Alberto
Sed. Un uomo come tanti che è riuscito ad oltrepassare l’inferno.. vincere nel
limbo.. e riconquistare la propria vita.. Una storia disumana che ci ha
regalato anche un lieto fine e un messaggio di speranza.. Ci ha regalato una
testimonianza.. una memoria..
“Tutti quelli che se ne vanno ti
lasciano sempre addosso un po’ di sé. E’ questo il segreto della memoria”…
Ad Alberto.
Sempre con grandissimo affetto.
Non dimentichiamo che i Piemontesi agli abitanti dell'ex Regno delle Due Sicilie hanno fatto di peggio nel lager di Fenestrelle sciogliendoli nella calce viva.
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